Il 30 aprile del 2017 è una data tragica per tutto il mondo dell’alpinismo e degli appassionati della montagna.
Muore Ueli Steck, uno dei più grandi alpinisti, all’età di 41 anni.
L’uomo delle 28 ore sull’Annapurna, delle salite a tempo di record sulla nord dell’Eiger, sul Monte Bianco, sul Cervino, sullo Shisha. Della linea perfetta sull’inviolata nord del Tengkangpoche.
Ci ha lasciati la “Swiss Machine” (macchina svizzera). Una “macchina” leggera, elegante ed estremamente forte.
Caduto mentre si stava allenando sulle pendici di ghiacciaio del Nuptse (Nepal), Steck, avrebbe tentato qualche giorno dopo di scalare l’Everest e il Lhotse, i due Ottomila separati dal colle Sud, il più alto al mondo, a 8.000 metri.
Questo “concatenamento” dei due giganti dell’Himalaya non è ancora mai riuscito e lui era lì per quello: tentare un nuovo record e regalarci un nuovo traguardo.
Il 26 aprile –Uely Steck– scriveva:
Sono andato a 7.000 metri di quota e ritorno al campo base. Amo tutto ciò, è un grande posto questo. Credo nell’acclimatazione attiva. Questo è il modo più efficace per trascorrere le notti in quota!
Poi, qualche giorno dopo, la morte. Una morte che ci ha lasciati di ghiaccio e ci ha mostrato ancora una volta il volto più duro dell’alpinismo. Quello che spesso viene dimenticato di fronte alle estasianti imprese di questi grandi uomini che ci fanno sognare e che pensiamo essere quasi immortali.
Ciò che rimarrà immortale è il ricordo della “Swiss Machine” che vogliamo ricordare attraverso questo video di Outside TV.
Ciao Ueli.