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66 anni fa, il K2 “diventò” italiano

Lacedelli Compagnoni K2

Era il 31 luglio 1954 quando Achille Compagnoni e Lino Lacedelli conquistavano la seconda vetta più alta del mondo. Sugli 8.611 metri del K2 sventolava il tricolore.

La notizia giunse in Italia alle ore 12.00 del 3 agosto e fu accolta con grande entusiasmo. Un simbolo della rinascita del Paese nel dopoguerra.

La spedizione, diretta da Ardito Desio e appoggiata dal Club Alpino Italiano, dal Consiglio nazionale delle ricerche, dall’Istituto geografico militare e dallo Stato italiano, consentì a un Paese lacerato dal secondo conflitto mondiale di iniziare a guardare oltre la guerra.

Per la prima volta nella storia, al raggiungimento della vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo.

La via seguita fu lo Sperone degli Abruzzi. Un contributo fondamentale fu fornito da Walter Bonatti e Amir Mahdi che, con un’impresa senza precedenti e affrontando il rischio della morte in un forzato bivacco notturno a oltre 8.100 metri, trasportarono a Compagnoni e a Lacedelli le bombole d’ossigeno rivelatesi poi essenziali al compimento della missione.

La spedizione iniziò tragicamente con la morte di Mario Puchoz (guida di Courmayeur) colpito da edema polmonare. L’insistenza di Desio nel continuare le operazioni finì creò una spaccatura tra il capo spedizione e il gruppo di alpinisti, soprattutto il cosiddetto “gruppo di testa”, composto da Compagnoni, Lacedelli, Walter Bonatti, Erich Abram e Ubaldo Rey.

Abram, Bonatti e Rey fecero il grosso del lavoro di messa in opera delle corde fisse sulla cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa poco sotto i 7.000 metri che contiene il famoso Camino Bill.

Da un campo situato poco sopra la spalla, a 8.050 metri, Compagnoni e Lacedelli attaccarono la salita finale, resa ancora più difficile dall’esaurimento delle bombole d’ossigeno poco sotto la vetta.

Al rientro gli alpinisti erano in condizioni psicofisiche difficili, e Compagnoni riportò gravi congelamenti alle mani.

Una volta rientrari in Italia si scatenarono polemiche sul mancato inserimento nella relazione ufficiale di Ardito Desio dell’episodio di cui furono protagonisti Bonatti e l’hunza Mahdi.

I due, dopo aver portato vicino al campo finale le bombole d’ossigeno per Lacedelli e Compagnoni, non trovarono all’appuntamento i compagni e furono costretto a bivaccare all’aperto a quasi 8.000 metri.

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