Non sono trascorse molte ore da quanto il team di Sherpa nepalesi ha scritto una delle pagine più belle dell’alpinismo. Il K2, per la prima volta, è stato salito in inverno.
L’euforia e la felicità sono però durate poco. Ad interromperle una di quelle notizie che non avremo mai voluto leggere.
Il catalano Sergi Mingote è morto proprio sul K2, precipitando mentre stava scendendo dal Camp 1 al Campo Base Avanzato.
L’incidente è avvenuto lontano dalla vetta e dai passaggi notoriamente critici dello Sperone Abruzzi.
Subito soccorso dal compagno di cordata, Juan Pablo Mohr, e da alcuni sherpa, in un primo momento si pensava alla frattura di una gamba e subito si è cercato di mettere in moto la macchina dei soccorsi.
E’ stato contattato anche Simone Moro, che si trova in Nepal per affrontare il Manaslu, in qualità di elicotterista.
Purtroppo, tutti gli sforzi sono stati inutili. Il K2 se l’è preso.
Non ci lascia solo un grande alpinista e un grande uomo, ci lascia un grande sognatore e comunicatore. Uno di quelli che faceva innamorare della montagna.
“Le persone -diceva Sergi Mingote– trovano ispirazione nei sogni e sognare per me significa fare ciò che ancora non è stato fatto“.
Questo suo modo di affrontare le sfide lo ha portato ai piedi della montagna degli italiani senza ossigeno.
“Quando mi si è presentata l’opportunità di portare avanti, con il mio amico Dawa Sherpa, un progetto così emozionante e stimolante come il K2 -aveva detto Mingote– ho subito sentito un brivido lungo la schiena. Conosco bene il K2, è una montagna incredibile, all’idea di affrontarla in inverno sono emozionato e al contempo rispettoso”